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Una tipica giornata

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Armando Bettozzi

Una tipica giornata
Un caffè per consolarmi
prima ancora del danno
ché il danno è sicuro: basta uscire
e di colpo trovarmi nel quotidiano scorrere
di titoli, e rumori, e deleterie ammucchiate
di lamiere, e di fumi, e sequele di luci
intermittenti a dire fai, non fare…e poi…
e poi l'orologio che segna il mio ritardo,
e il rimprovero muto, ma che sento
come un urlo, e un senso di colpa
mi schiaccia sulla solita sedia
con le rotelle, pronto a compiacere il mio PC
per tutta una giornata senza senso.
Toccano svogliate le dita i tasti neri
mentre ogni mossa è riflessa
e incorporata, e intanto
ancora la spiaggia mi dà pace; e m'aiuta
a colorare il grigio, il sole che porto sulla pelle.
Sono come sdoppiato: il dovere
muove le mie dita, mentre vaga
l'anima e fluttua come un surf sull'onda.
Un suono: "Ciao, amore, come va ?"
"Così…sto pensando ai noi al mare..".
Dei passi di donne, e di uomini, brusio di voci…
Automaticamente m'accodo per la sosta.
Solite facce, soliti discorsi vecchi di anni,
ma che sembra che siano sempre nuovi:
pettegolezzi, dicerie, invidie,
norme sciocche, casi d'ingiustizia
capi imbecilli, il calcio, l'inflazione…
Poi, quasi improvvisa l'uscita viene
e non ha bisogno di spingere.
Ma forse è meglio che aspetti il diluire
del flusso per le strade; resto un po',
così potrò arrivare più tranquillo
e no come tante e tante sere
a scaricare le mie incavolature
su quella santa donna che mi aspetta.

Armando Bettozzi 

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